lunedì 12 ottobre 2020

Amore e famiglia



AMORE E FAMIGLIA





 La conca che racchiudeva le montagne era cupa e severa come il carattere degli abitanti del paese.  Essi erano erano poco espansivi e stentavano ad esprimere apertamente i loro sentimenti anche i piu' profondi. Le tradizioni che sorgevano si mantenevano inalterate per secoli, fino a che le condizioni sociali, per motivi esterni, le avrebbero mantenute. Si erano incontrati, frequentati e avevano capito di volersi bene. Avevano capito di avere propositi di vita e ideali simili, per cui si erano fidanzati. Allora il fidanzamento con i canoni attuali non esisteva, non c'erano festeggiamenti con gli amici. Lui aveva compreso che avrebbe voluto portare all'altare la ragazza e il passo piu' semplice fu la richiesta ai genitori di lei di potere " prendersi" la giovane. L'assenso era venuto presto e la coppia comincio' a frequentarsi regolarmente. In questo periodo  avveniva qualche scambio di regali: ninnoli o oggettini  d'oro da parte di lui, oggetti di vestiario da parte di lei. Nulla di particolarmente prezioso, perche' in caso  di rottura tutto sarebbe stato rigorosamente restituito.

                              



I preparativi per le nozze  procedevano, si stabiliva l'entita' del corredo che spettava alla donna,  come  l'arredo della camera da letto; lo sposo avrebbe offerto gli altri mobili e la cucina nel caso fosse necessario arredarla. Spesso infatti avveniva che gli sposi cominciassero la vita insieme nella casa di lui. Cosi' fu per loro


 La cerimonia di nozze, celebrata nella chiesa di paese, si era svolta sotto una fitta nevicata. La sposa, mia  nonna, era vestita con il costume tipico delle donne di montagna: al collo portava una piccola collana di granati, regalo di lui, con una camicetta bianca indossata sotto uno scialle a fiori vivaci su uno sfondo nero. la gonna aveva grossi fiori scuri.  . Completavano l'abbigliamento pesanti calze di lana   e ai piedi un paio di zoccoli di legno.  Lo sposo, il nonno, indossava un paio di pantaloni, una camicia con cravatta in pelle e un gilet di pelle scuro.  Anche lui portava gli zoccoli, che allora erano considerati le calzature delle feste.La sera prima delle nozze gli amici avevano annunciato  la cerimonia con lo sparo di petardi e mortaretti La mattina dopo  il corteo nuziale sarebbe partito da casa della sposa al braccio del padre e si sarebbe diretto verso la chiesa.


All’uscita furono avvicinati dai paesani festosi, ai quali lo sposo donava bottiglie di liquore e la sposa i tortelli che aveva fritto pochi giorni prima nella sua casa di ragazza. Non esisteva il viaggio di nozze, il pranzo    si sarebbe svolto nella casa maritale, in fondo alla valle. Accompagnati dai pochi invitati si incamminarono verso la casa dei suoceri. La nevicata era cosi’ fitta che il manto aveva raggiunto un grande spessore in breve tempo e , come era uso di allora, gli abitanti dei due paesi si venivano incontro spalando alacremente un sentiero che consentisse di unire gli abitanti.

                                


Da casa dello sposo poteva accadere che la sorella andasse incontro al corteo fino al confine del villaggio. Abbracciata la cognata, le consegnava un fazzoletto ripieno di tortelli fritti e la sposa offriva questi dolci alle gente del paese che incontrava nel resto del tragitto per arrivare alla sua nuova casa.  Qui la suocera offriva a sua volta dei dolci per uso personale e una camicetta nuova.

 

Le cuoche che aspettavano a casa avevano cucinato la zuppa d’orzo con la carne affumicata del maiale, la polenta con le salsicce e le erbe di campo cotte e ripassate, vino e pane che si usavano solo nei pranzi di matrimonio.

Per la festivita’ si erano fritte cenci e frittelle, rigorosamente   nello strutto.

La nonna, intimorita dalla presenza dei nuovi parenti, raccontava sempre che aveva mangiato poco o nulla prima di ritirarsi con il marito nella loro camera matrimoniale. Il freddo dell’inverno  non

concedeva sconti: le finestre erano ghiacciate e il fornelletto di braci che era sotto le coperte produceva una sorta di vapore nella stanza  che  era illuminata da una lucerna ad olio. Nell’ampio corridoio erano sistemate cataste di legna destinate a bruciare nella sala principale della casa: la stua .Qui troneggiava la stufa di cemento ,circondata da panche in legno, dotata di un foro nel quale si poneva la legna da bruciare. Il calore emanato aveva il compito di scaldare tutto l’ambiente e in questo si riuniva tutta la famiglia con nonni e bambini nelle sere d’inverno.

 La nonna era timida, di carattere riservato e il suo primo compito fu quello di cercare di integrarsi  nella grande nuova famiglia, dove gli anziani venivano considerati le persone piu’ importanti e ai quali era necessario ubbidire. Trascorso l’inverno il faticoso lavoro del paese sarebbe ricominciato: gli animali dovevano essere ricondotti al pascolo in alto, sulla malga doveva avrebbero trascorso l’estate e i loro proprietari ogni giorno avrebbero percorso la strada   ripida per controllarli; poi sarebbe arrivato il tempo della fienagione in campi sempre piu’ in alto, la ricerca della legna per l’inverno, la cura del formaggio nella cantina di casa, la semina delle verdure dell’orto…La giornata di lavoro cominciava la mattina alle quattro e terminava all’imbrunire, sfiniti   per la stanchezza. In seguito la nonna avrebbe ricordato la sua nuova vita, cosi’ faticosa, con un misto di piacere e nostalgia, conscia di avere fatto la scelta giusta nello sposare il nonno.

 

 





 

 



lunedì 7 settembre 2020

VENETO 1

Quella che ho imparato a conoscere e' la cucina della parte nord della regione, in particolare quella della provincia di Belluno, vicina alla parte trentina.



LE LASAGNE COL PAVARE (Papavero)

Erano pasta di grano duro, quella arricciata  ai bordi, credo                                  quella che si chiama mafalde.
La ricetta e' molto semplice: si cuoce la pasta in acqua salata e si  fa saltare in padella con una dose abbondante di burro sciolto e altrettanti semi di papavero. E' un piatto ricchissimo e di non facile digestione. Si tratta di una ricetta di antica tradizione delle zone di montagna, dove per sopportare il freddo si faceva ricorso a questi alimenti, tipici dell'inverno o delle feste natalizie.L'uso  dei semi di papavero  e' stato oggetto di polemiche anche in tempi lontani (si diceva che fosse una droga). Non so e non ho le competenze per dare un'opinione su questo argomento. Il fatto pero' che  questa spezia venga venduta liberamente nei negozi mi fa pensare che i semi neri in vendita sono quelli del papavero comune, non di quello da oppio.

Semi di papavero, proprietà e uso

BACCALA' ALLA VICENTINA

Tanti anni fa questo pesce ara considerato il cibo dei poveri ed era l'unico del genere che saltuariamente arrivava sulle tavole degli abitanti della montagna. Ora ha raggiunto dei costi  proibitivi e si consuma poche volte proprio per questo motivo. Riporto la ricetta come mi e' stata insegnata molti anni fa.
Il pesce secco deve essere pulito e messo a bagno in acqua almeno per un paio di giorni. In questo tempo si reidrata e assume una maggiore consistenza. Risciacquato per bene si asciuga e si taglia a pezzi. Si infarina e si colloca in un solo strato sul fondo di una teglia. Si cosparge di una abbondante manciata di parmigiano, poco sale e pepe. A  parte si taglia una grossa cipolla a fette sottili, si mette in una pentola con abbondante olio e si fa cuocere lentamente;si aggiungono alcune sarde pulite dal oro sale, che si scioglieranno velocemente nell'olio;  alla fine si aggiungera' abbondante prezzemolo tritato. Questo intingolo si versera' sul pesce e si coprira' il tutto con abbondante latte. Si cuoce in forno per 2 o tre ore, fino a quando i liquidi saranno assorbiti e  sara' diventato di un bel colore ambrato. il profumo di questo piatto e' eccezionale e spesso viene servito con la polenta.

LA MINESTRA D'ORZO E FAGIOLI

Piatto antico e, come si dice oggi, a Chilometro zero.
Fatto con ingredienti locali perche' venivano tutti coltivati nelle zone montane e premontane. L'orzo integrale, diverso da quello brillato  e decorticato veniva usato dopo essere stato lavato e pulito dalle impurita'. Si metteva a bagno in acqua fredda finche' i semi si gonfiavono, quindi si bollivano fino ad arrivare a cottura. Nel frattempo si mettevano ammollo i fagioli secchi. tipo lamon, che una volta pronti venivano lessati a loro volta

  

A questo punto si inserivano i due alimenti con parte del liquido di cottura in una grossa pentola, si aggiungevano dei pezzi di maiale affumicato e la bollitura proseguiva. Si copriva la minestra con latte che aggiungeva  cremosita' alla preparazione. In molte case il sale necessario si aggiungeva alla fine, dopo aver verificato il grado di sapidita'.
Anche questo e' un piatto molto sostanzioso


mercoledì 29 luglio 2020

CUCINA DI LAGO TRE

I DOLCI

 Continua il percorso delle ricette che ho conosciuto  quando sono venuta ad abitare il Lombardia.

Il primo in assoluto e' stata la miascia cucinata con ingredienti di recupero. tipico delle popolazioni contadine.
Non ne esiste una ricetta classica in quanto le cuoche la creavano al momento, con gli ingredienti che avevano in casa. Usavano il pane raffermo che tagliato a fette mettevano a bagno nel latte per alcune ore;



al composto si aggiungevano alcune uova intere, uvette, pinoli, una mela tagliata a fette, una pera, poco zucchero, alcuni biscotti sbriciolati (preferibilmente amaretti) e un po' di liquore. Si lavorava l'impasto con un cucchiaio e si versava in una tortiera imburrata e infarinata.si spolverava con zucchero a velo e cioccolato in scaglie, guarnendo con pezzetti di burro. Si cuoceva a forno molto caldo per circa 20 minuti, abbassandolo poi a 150 per terminare la cottura. Si serviva  

tiepida o a temperatura ambiente.

LA CUTIZZA

Anche questo e' un dolce semplice, i cui ingredienti sono: 3 uova intere, 200 gr di farina, 1 bicchiere colmo di latte,         limone, sale.
Si battono le uova in una ciotola, si unisce la farina poi il latte, sale e la scorza di limone grattugiata. La pastella ottenuta sara' fluida, si mettera' poco olio nella padella, dove una volta caldo, si versera' cuocendo velocemente entrambi i lati. Si  servira' cosparsa di zucchero vanigliato.



LA   RESTA

E' uno dei miei dolci preferiti, ricordo di averlo conosciuto in inverno, poco dopo il matrimonio.Successivamente ho saputo la sua vera storia: era un dolce del periodo pasquale, poiche' il bastoncino che si inseriva nella pasta era un legnetto di ulivo.
 La resta e'un dolce antico, la cui esecuzione ottimale avviene nei laboratori di pasticceria. Ne esiste una ricetta piu' semplice, adatto alla cucina casalinga, che si chiama mataloch.

                                   
 






                                                         Si impastano 500 grammi di farina con una bustina di lievito di birra e acqua tiepida, si aggiungono 5 uova  i cui albumi si montano a neve, 200 gr di burro e 300 gr di zucchero. si mescola  il tutto con uvetta sultanina e canditi e  si bagna il composto con liquore. Si cuoce in forno molto caldo.
Questi sono solo alcuni esempi di ricette tipiche del lago; spulciando qua e la' ho visto che molte si ripetono in varie regioni d'Italia, seppure con ingredienti diversi.

venerdì 10 luglio 2020

CUCINA DI LAGO DUE


LA CARNE e POLENTA

Lepre in salmi'

La presenza della lepre in tempi remoti era molto frequente nella campagna e nell'entroterra del lago, rappresentava quindi un'occasione  di caccia e  e di alimentazione per gli abitanti.
Si tagliava a pezzi la carne, si depositava in un coccio, dove venivano collocate cipolle, sedano, carote, aglio,bacche di ginepro, pepe,sale e un mazzetto di erbe (timo, alloro, maggiorana e salvia). La lepre veniva ricoperta di vino rosso-nebbiolo o barolo- e riposava al fresco per un giorno intero.
                                           
Si asciugava bene la carne, si rosolavano alcuni pezzi di pancetta nel burro, si aggiungevano le verdure per stufarle brevemente, quindi la carne, che, una volta insaporita, veniva coperta con il vino filtrato. Si serviva con polenta  ottenuta con farina gialla e di grano saraceno.


LA BUSECCA

Fu un  incontro particolare con questo piatto. Conoscevo la trippa cucinata dalla mamma, che da giovane aveva lavorato in Toscana e la preparava in modo diverso, cioe' in umido.
Il primo approccio con la busecca in brodo di fagioli mi lascio' perplessa...
Eravamo in autunno inoltrato e un amico ci invitato' a casa sua per gustare questo piatto, preparato della madre , molto esperta   nei piatti della tradizione lombarda.
Vidi stupita questa zuppa fumante con i fagioli che galleggiavano in superficie...


Con il tempo ho imparato ad apprezzare questo tipo di cottura, che prevede l'uso della verdure per l'intingolo, l'aggiunta della trippa, e la collocazione nella zuppa del brodo di fagioli, cotti in precedenza.

LA CAZZUOLA  ( CASSOELA)
E' un piatto molto comune in Lombardia, si prepara nel periodo invernale e in passato era cucinato con gli scarti del maiale. Poi, divenuto tradizionale, si e' diversificato nelle varie zone.
La cazzuola del lago non prevede l'uso dei piedini del maiale come la milanese e nemmeno del trito di verdure. Occorre attendere che le verze per cucinarla siano gelate, quindi richiedano una cottura piu' veloce.

Si tagliano le costine di maiale in pezzetti da circa 5 cm e si mettono in forno caldo per 20 minuti in modo che perdano il loro grasso in eccesso. Si scottano le salsicce in acqua bollente per alcuni minuti. Si rosolano poi alcune cipolle in una casseruola con burro e salvia, si aggiungono le costine, si lasciano insaporire e si bagnano con il vino bianco, facendolo evaporare. Si aggiungono poi una prima parte di verze gelate, si copre con un coperchio,aggiungendo eventualmente del brodo di verdura.Dopo circa 1 ora si aggiungono le cotenne, le salsicce e le  verze rimanenti, regolare di sale,e si termina la cottura.
Gli ingredienti:
! kg di costine di maiale
200 gr di cotenne fresche
6 salsicce
4 kg di verza
salvia
2 cipolle
1 rametto di salvia
1 bicchiere di vino bianco.


LA POLENTA
Era il classico che accompagnava i piatti di carne ma non solo quelli, in quanto spesso costituiva l'unico alimento...
Si usava la farina fioretto mista a quella di grano saraceno; si faceva cadere la farina ben miscelata in una pentola che conteneva acqua bollente salata mescolandola con un bastone per evitare la formazione di grumi. Si cuoceva a lungo (quasi un'ora),a volta veniva condita con burro e formaggi, piu' spesso sostituiva il pane. 


IL TOC 

Con questo piatto molti abitanti si sono sfamati per anni.
E' poi diventato famoso in alcuni paesi dell'alto lago per la sua preparazione caratteristica. Si versa la farina gialla nel paiolo contenente acqua bollente salata, si usa  per girarla un mestolo di legno, si aggiungono poi una grande quantita' di burro e di formaggio locale e si termina la cottura. I commensali si mettono intorno al focolare e ciascuno prende dalla pentola un pezzo di polenta calda aiutandosi con il cucchiaio di legno, girandola tra le mani per portarla alla bocca. Si puo' accompagnare  con carne bollita fredda, pesce seccato o salumi.La tradizione vuole che si accompagni con il vino rosso, rigorosamente bevuto dalla stessa brocca..











giovedì 2 luglio 2020

LA CUCINA DEL LAGO UNO

                                     




Appena sposata mio marito mi fece percorrere, con orgoglio, una sorta di tour gastronomico sul lago. Venivo da una regione la cui cucina era indiscussa e celebre in tutto il mondo. L'obiettivo di questo percorso era farmi apprezzare le specialita' della mia nuova  zona di residenza. Non ho conosciuto immediatamente questi piatti, che con il tempo ho cominciato ad assaporare. Anche in questo caso le ricette erano nate da cio' che forniva il territorio, lacustre e collinare che fosse.
La mia prima visita fu in un paesino in cima al lago,dove un oste famoso preparava uno speciale risotto che sarebbe divenuto famoso ovunque

RISOTTO CON IL PESCE PERSICO


Il lago pullula di trattorie che offrono ai turisti le specialita' di pesce locale, come il pesce persico.

SI prepara un normale risotto tritando fine una cipolla e rosolandola con un poco di burro. Aggiungere il riso, rosolarlo poi aggiungere un bicchiere di vino bianco facendolo sfumare. Aggiungere del brodo bollente e portare a cottura, rimestando sempre.
In una padella sciogliere un pezzo di burro con una decina di foglie di salvia. Mettere della farina in un piatto dove si infarineranno i filetti di pesce persico, che si metteranno in padella pochi alla volta. Appena dorati si toglieranno e si terranno in caldo. Appena cotto il risotto, aggiustarlo di sale e pepe, versarlo su un piatto caldo, e decorare con il pesce fritto e il restante burro con salvia.In alcuni paesi i cuochi usano passare anche nell'uovo il pesce, il cui filetto raggiunge da cotto una bella duratura.

Il pesce persico e' l'emblema della cucina lariana. del Ceresio e del lago di Pusiano.In queste zone c'e' un detto che recita: il riso nasce nell'acqua, ma muore nel vino.


MISSOLTINI   



I  missoltini sono una specialita' dell'alto lago. Si ottengono con gli agoni pescati in primavera, quando il pesce cerca le acque limpide per deporre le uova. Vengono  infilati in uno spago attraverso gli occhi e messi a seccare al sole.
Si mangiano con la polenta, dopo averli grigliati facendo attenzione che rilascino il loro olio. si puliscono dalle scaglie, si irrorano con aceto.olio e si cospargono con prezzemolo tritato. La polenta che li accompagna deve essere molto calda, per attutire i forti sapori del pesce. In alcuni paesi si suggerisce di mangiarli molto caldi, di bere molto perche' il missoltino deve recuperare l'acqua che ha perso, vino ovviamente.

PESCE IN CARPIONE
Ho visto questa preparazione come un piatto di recupero del pesce non consumato a tavola e forse cosi' e' nato intorno al 1400. Maestro Martino da Como la chiamo' la salamoia di acqua e aceto, per sopperire alla facile deperibilita' del prodotto ittico. Devo dire che e' un piatto ottimo, da preparare fin dall'inizio. Si puliscono, lavano e infarinano i pesci di lago, si friggono in olio bollente e si mettono in un grosso contenitore. In parallelo si rosolano un trito di aglio, cipolla, sedano e carota, si appassiscono, si aggiungono  timo, pepe chiodi di garofano, aceto e vino bianco in parti uguali. Portato a ebollizione questo liquido, si versa sul pesce ancora caldo, dopo avere distribuito sul piatto preparato il prezzemolo tritato. Si conserva coperto al fresco per alcuni giorni.

LE ALBORELLE


Le conobbi un autunno, quando la pesca degli altri pesci e' ridotta.

Andammo in una piccola osteria di un laghetto poco lontano dalla citta'. E' un pesce   molto usato dai pescatori in quanto presente sempre in abbondanza. Si lavano, si puliscono  questi piccoli pesci. Si infarinano e si friggono velocemente in olio bollente. Si servono calde accompagnate da  fettine di limone.

 Il piccolo percorso sui pesci di lago a questo punto finisce qui.






martedì 23 giugno 2020

IL PRANZO DELLA DOMENICA


La mamma non era nata sfoglina, ma lo era diventata con il passare del tempo quando si era inserita in una famiglia che per tradizione   preparava la pasta almeno una volta la settimana, in prevalenza di domenica. Il piatto preparato piu' di frequente erano le tagliatelle condite con il sugo di carne. Le uova non mancavano mai, la farina anche, quindi in men che non si dica la massaia impastava il panetto che tirava in forma circolare. Una volta asciugata la pasta, la arrotolava su se stessa e con la cortlenna ( in italiano la coltellina), tagliava e srotolava le tagliatelle, finendo di asciugarle sul tagliere.
Mentre si preparava la pasta il sugo di carne sobbolliva   sulla stufa accesa. Si preparava con un trito di sedano, carota e cipolla rosolati nell'olio. Si aggiungeva poi la carne tritata, a volte un poco di salsiccia e  si terminava la cottura con la passata di pomodoro.




CONIGLIO ARROSTO



Era il piatto della domenica, o di quando arrivavano ospiti a pranzo.

La mamma preparava una grossa teglia di alluminio in cui riponeva con cura i pezzi di coniglio acquistati dal macellaio di fiducia. Erano stati passati in un trito di aglio,rosmarino, salvia e bucce di limone conditi con sale e pepe.  Rosolava nell'olio e con cura la carne, che poi copriva con il vino bianco, pronta per essere cotta nel forno caldo. Questo piatto presentava delle varianti, a seconda della quantita' di commensali presenti. A volte venivano aggiunti pezzi di salsiccia, altre volta le costine del maiale. La cottura della carne veniva seguita  dalla mamma che ,seduta davanti al forno.   ne seguiva lo stato e prontamente in caso di necessita' la rigirava  per favorirne la doratura.
Sul gas era sempre presente un pentolino con brodo caldo che aggiungeva all'arrosto in caso di bisogno.
Quasi sempre il coniglio era  accompagnato dalla patate fritte che la mamma cucinava in modo superbo. Tagliava a fette regolari la patate che immergeva nell'olio bollente aromatizzato con un rametto di rosmarino. Le salava a fine cottura e serviva su un piatto da portata.

LA ZUPPA INGLESE

I pranzi importanti e delle grandi feste  terminavano sempre con questo dolce, il piu' tradizionale della regione.
Sembra risalga, come origine ,al periodo in cui il ducato di Modena, allora indipendente, ospitava l'ambasciatore d'Inghilterra e una cuoca sbaglio' le creme creando un piatto che piacque molto a tutti. Da allora fu chiamata la zuppa dell'inglese.

Si prepara un budino con 1 litro di latte, 6 tuorli d'uovo. 7 cucchiai di zucchero, 7 di farina, 40 gr di cacao. Ottenuta la crema gialla, si divide a meta' e in una parte di essa si aggiunge il cacao e si mescola bene. Per rivestire lo stampo, rigorosamente da budino, si tagliano a meta' circa 20 savoiardi nel senso della lunghezza. Si passano i biscotti molto velocemente in una bagna di alchermes e sassolino, si prepara il fondo dello stampo  con i biscotti, si aggiunge il budino giallo, uno strato di biscotti bagnati, poi il budino cioccolata e via via fino a finire le creme. Si finisce con uno strato di biscotti. La zuppa andra' conservata in frigorifero fino al consumo.
Si tratta di un pranzo molto sostanzioso, appunto quello per le occasioni importanti...



mercoledì 17 giugno 2020

OGGI PESCE



 N elle giornate ventose, ma sempre calde, dalla collina in cui era la casa dei miei nonni, si vedeva il mare.  Andare al mare era un po' il sogno di tutti noi bambini, forse ancora in quell'estate non l'avevo visto. Era distante pochi chilometri, ma difficile da raggiungere con la corriera. Piu' vicino e abbordabile era il mercato del martedi'  a Meldola, dove nonna e mamma andavano per la spesa settimanale.  L'attesa per il loro ritorno era grande, sicuramente ci avrebbero portato un regalino. Spesso il regalo era il " buono" da mangiare, cioe' alimenti non consueti per noi. Il mercatino vendeva anche il pesce  e non escludo che la mia passione per esso sia nato in quegli anni. Le  pevarasse


Erano vongole molto piccole, quindi non pregiate, molto salate. e facevano pensare all'aria del mare e al suo vento. Venivano messe in ammollo nell'acqua fredda del pozzo, si facevano spurgare poi messe in una pentola con olio,  aglio e peperoncino per farle aprire.
Per insaporire ulteriormente si aggiungere qualche erbetta fresca.
Il brodino emesso dalle vongole bagnava le fette di pane raffermo messe sul fondo del piatto: era pronta la zuppetta di pesce.

La spesa era completata da un cartoccio di sarde fresche, che venivano eviscerate e riempite di un   composto costituito di prezzemolo, aglio, pecorino grattugiato e pangrattato.  Il che rappresentava al massimo la strategia "massima resa con poca spesa". Si mettevano a cuocere velocemente nel forno caldo. Il piatto ottenuto era abbondante, buonissimo, e accontentava tutti  i palati


Negli anni successivi al mare ebbi l'opportunita' di andare, di vedere anche da vicino il famoso grattacielo che si stagliava contro  il cielo e di assaporare di nuovo questi piatti, che, insieme a tanti altri, costituiscono la tipica cucina di mare romagnola.