lunedì 12 ottobre 2020

Amore e famiglia



AMORE E FAMIGLIA





 La conca che racchiudeva le montagne era cupa e severa come il carattere degli abitanti del paese.  Essi erano erano poco espansivi e stentavano ad esprimere apertamente i loro sentimenti anche i piu' profondi. Le tradizioni che sorgevano si mantenevano inalterate per secoli, fino a che le condizioni sociali, per motivi esterni, le avrebbero mantenute. Si erano incontrati, frequentati e avevano capito di volersi bene. Avevano capito di avere propositi di vita e ideali simili, per cui si erano fidanzati. Allora il fidanzamento con i canoni attuali non esisteva, non c'erano festeggiamenti con gli amici. Lui aveva compreso che avrebbe voluto portare all'altare la ragazza e il passo piu' semplice fu la richiesta ai genitori di lei di potere " prendersi" la giovane. L'assenso era venuto presto e la coppia comincio' a frequentarsi regolarmente. In questo periodo  avveniva qualche scambio di regali: ninnoli o oggettini  d'oro da parte di lui, oggetti di vestiario da parte di lei. Nulla di particolarmente prezioso, perche' in caso  di rottura tutto sarebbe stato rigorosamente restituito.

                              



I preparativi per le nozze  procedevano, si stabiliva l'entita' del corredo che spettava alla donna,  come  l'arredo della camera da letto; lo sposo avrebbe offerto gli altri mobili e la cucina nel caso fosse necessario arredarla. Spesso infatti avveniva che gli sposi cominciassero la vita insieme nella casa di lui. Cosi' fu per loro


 La cerimonia di nozze, celebrata nella chiesa di paese, si era svolta sotto una fitta nevicata. La sposa, mia  nonna, era vestita con il costume tipico delle donne di montagna: al collo portava una piccola collana di granati, regalo di lui, con una camicetta bianca indossata sotto uno scialle a fiori vivaci su uno sfondo nero. la gonna aveva grossi fiori scuri.  . Completavano l'abbigliamento pesanti calze di lana   e ai piedi un paio di zoccoli di legno.  Lo sposo, il nonno, indossava un paio di pantaloni, una camicia con cravatta in pelle e un gilet di pelle scuro.  Anche lui portava gli zoccoli, che allora erano considerati le calzature delle feste.La sera prima delle nozze gli amici avevano annunciato  la cerimonia con lo sparo di petardi e mortaretti La mattina dopo  il corteo nuziale sarebbe partito da casa della sposa al braccio del padre e si sarebbe diretto verso la chiesa.


All’uscita furono avvicinati dai paesani festosi, ai quali lo sposo donava bottiglie di liquore e la sposa i tortelli che aveva fritto pochi giorni prima nella sua casa di ragazza. Non esisteva il viaggio di nozze, il pranzo    si sarebbe svolto nella casa maritale, in fondo alla valle. Accompagnati dai pochi invitati si incamminarono verso la casa dei suoceri. La nevicata era cosi’ fitta che il manto aveva raggiunto un grande spessore in breve tempo e , come era uso di allora, gli abitanti dei due paesi si venivano incontro spalando alacremente un sentiero che consentisse di unire gli abitanti.

                                


Da casa dello sposo poteva accadere che la sorella andasse incontro al corteo fino al confine del villaggio. Abbracciata la cognata, le consegnava un fazzoletto ripieno di tortelli fritti e la sposa offriva questi dolci alle gente del paese che incontrava nel resto del tragitto per arrivare alla sua nuova casa.  Qui la suocera offriva a sua volta dei dolci per uso personale e una camicetta nuova.

 

Le cuoche che aspettavano a casa avevano cucinato la zuppa d’orzo con la carne affumicata del maiale, la polenta con le salsicce e le erbe di campo cotte e ripassate, vino e pane che si usavano solo nei pranzi di matrimonio.

Per la festivita’ si erano fritte cenci e frittelle, rigorosamente   nello strutto.

La nonna, intimorita dalla presenza dei nuovi parenti, raccontava sempre che aveva mangiato poco o nulla prima di ritirarsi con il marito nella loro camera matrimoniale. Il freddo dell’inverno  non

concedeva sconti: le finestre erano ghiacciate e il fornelletto di braci che era sotto le coperte produceva una sorta di vapore nella stanza  che  era illuminata da una lucerna ad olio. Nell’ampio corridoio erano sistemate cataste di legna destinate a bruciare nella sala principale della casa: la stua .Qui troneggiava la stufa di cemento ,circondata da panche in legno, dotata di un foro nel quale si poneva la legna da bruciare. Il calore emanato aveva il compito di scaldare tutto l’ambiente e in questo si riuniva tutta la famiglia con nonni e bambini nelle sere d’inverno.

 La nonna era timida, di carattere riservato e il suo primo compito fu quello di cercare di integrarsi  nella grande nuova famiglia, dove gli anziani venivano considerati le persone piu’ importanti e ai quali era necessario ubbidire. Trascorso l’inverno il faticoso lavoro del paese sarebbe ricominciato: gli animali dovevano essere ricondotti al pascolo in alto, sulla malga doveva avrebbero trascorso l’estate e i loro proprietari ogni giorno avrebbero percorso la strada   ripida per controllarli; poi sarebbe arrivato il tempo della fienagione in campi sempre piu’ in alto, la ricerca della legna per l’inverno, la cura del formaggio nella cantina di casa, la semina delle verdure dell’orto…La giornata di lavoro cominciava la mattina alle quattro e terminava all’imbrunire, sfiniti   per la stanchezza. In seguito la nonna avrebbe ricordato la sua nuova vita, cosi’ faticosa, con un misto di piacere e nostalgia, conscia di avere fatto la scelta giusta nello sposare il nonno.

 

 





 

 



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